Produrre tessuti dagli scarti delle arance si può fare!!! un grazie a due brillanti menti Catanesi



La storia d’impresa di innovativa e di successo di cui vogliamo parlare oggi è quella nata dall’idea di Enrica Arena e Adriana Santonocito, giovani imprenditrici catanesi artefici del lancio di un’attività di produzione di un tessuto ricavato dalle arance con l'ausilio di nanotecnologie grazie alle quali vengono realizzati abiti vitaminici, che rilasciano sulla pelle di chi li indossa i loro principi attivi: Orange Fiber.

Il tessuto viene realizzato a partire dal “pastazzo” d’agrumi, ossia quel residuo umido che resta al termine della produzione industriale di succo di agrumi e che non può più essere utilizzato ma solo gettato via come un rifiuto, che ammontano a oltre 700 mila tonnellate all’anno. Ed è qui che il progetto assume ulteriore valore, perché oltre a renderlo estremamente unico ed esclusivo nel suo genere risponde alle esigenze di innovazione e sostenibilità della moda rappresentando inoltre una possibile soluzione per un problema che in Italia – e specialmente in Sicilia – è particolarmente attuale: lo smaltimento degli scarti dell’industria agrumicola.

Relativamente al processo produttivo nel dettaglio la prima fase riguarda proprio gli scarti delle arance, da cui viene poi estratta la cellulosa atta alla filatura. Attraverso le nanotecnologie l’olio essenziale di agrumi viene incapsulato e fissato sui tessuti. Da qui, ha inizio un processo di rottura delle microcapsule presenti nel tessuto, in modo automatico e graduale, che comporta il rilascio delle vitamine sulla pelle così di avere un capo non solo bello ma funzionale al benessere del consumatore. Le sostanze rilasciate non sono invasive: al massimo si sente la pelle più morbida - come se si mettesse una crema al mattino -, gli abiti non ungono e la pelle viene nutrita.
<<L'idea è venuta ad Adriana quasi tre anni fa - racconta Enrica al quotidiano La Repubblica -. La sua passione per il tessile e l’attaccamento alla Sicilia, nostra regione natale, l’hanno portata a chiedersi se non si potesse produrre un tessuto con gli scarti degli agrumi. Me l’ha proposto e abbiamo deciso di provarci insieme>>.
Le ragazze inizialmente hanno verificato la fattibilità del processo in collaborazione con il Politecnico di Milano, e hanno avviato il percorso di sperimentazione con il dipartimento di Chimica dei Materiali. Poi si sono avvalse della consulenza di specialisti, iniziando a collezionare riconoscimenti di diverso genere: <<Il nostro obiettivo era trovare finanziamenti al progetto – continua Enrica - e così abbiamo cominciato a partecipare a vari concorsi. Il riscontro è stato eccezionale: dal Working Capital di Catania ad Alimenta2Talent, dal Premio Gaetano Marzotto, fino al New York Stock Exchange i riconoscimenti sono stati tantissimi. Fino a quando, nell'autunno 2012, una volta dimostrata la fattibilità dell'idea, abbiamo depositato il brevetto in Italia, facendo poi l'estensione internazionale>>.

<<In un primo tempo pensavamo di limitarci a vendere il brevetto a qualche industria tessile e di non occuparci noi direttamente della produzione – continua ancora Enrica - ma poi abbiamo vinto il Changemakers for Expo, iniziativa promossa da Telecom con Expo2015 con il sostegno dell'incubatore milanese Make a cube, volto a premiare le migliori idee sostenibili dal punto di vista sociale e ambientale che potessero avere uno sbocco pratico nel contesto dell'Expo. Così siamo venute in contatto con il Parco Tecnologico Padano, che si trova a Lodi, e ci siamo messe a studiare il modello di business con l'aiuto di una serie di professionisti che ci hanno spiegato quali macchinari utilizzare e in che modo dimensionare l'impianto di trasformazione. In quello stesso periodo riusciamo a ottenere anche una menzione speciale da parte dell'acceleratore Working Capital di Catania, riavvicinandoci finalmente alla nostra terra di origine. E questo ci ha permesso di conoscere alcuni trasformatori siciliani di agrumi, che si sono interessati alla nostra idea. La svolta si è avuta l'anno scorso, tra Natale e febbraio, in cui abbiamo stretto i rapporti con alcuni imprenditori siciliani che hanno comprato una quota della società>>.

In seguito all'entrata degli investitori privati, Adriana ed Enrica ricevettero la notizia che Trentino Sviluppo aveva deciso di finanziare il loro progetto, accogliendole nell'incubatore Ipoint di Rovereto e dando un ulteriore spinta verso l’alto all’intero progetto.

Un lampo di luce, un faro di speranza in un mondo sempre più bisognoso di idee innovative, a maggior ragione se in un contesto in primo piano come quello dei materiali rinnovabili. Un’idea di business che muove da un prodotto nostrano, conosciuto e apprezzato in tutto il mondo e che anche per questo ha goduto di una crescita esponenziale nella sua fase iniziale. L’ennesima dimostrazione del coraggio e dell’intuizione che caratterizza i giovani siciliani, sempre pronti a mettersi in gioco in progetti affascinanti e che, soprattutto nel caso specifico, potrebbero rappresentare una vera e propria svolta nel settore tessile, rafforzato dal proprio spirito sostenibile e rinnovabile.

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